Sette incipit che vale la pena conoscere

Quando uno scrittore si cimenta nella stesura di un libro l’incipit è il preliminare biglietto da visita. Questo, infatti, ci introduce nella storia e ha il grande compito di catturare il lettore. L’incipit è il battente del libro e in quanto tale spira dal suo uscio socchiuso l’atmosfera di parole che si agita tra le pagine. L’autore si rivela pian piano già dalle prime frasi e ci fa pregustare il sapore (o sopore, può capitare!) del suo stile, le sfumature e i colori della sua penna.
Ultimamente ci siamo ritrovati a rileggere per gioco alcuni incipit che ci hanno colpito o che sono rimasti indelebili nella nostra memoria, così abbiamo pensato di condividerli con voi qui sul blog. L’ordine in cui ve li presentiamo è del tutto casuale, non si tratta di una classifica.

1. La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo (Laurence Sterne)

«VORREI che mio padre e mia madre, o, meglio, tutti e due, come era loro dovere, avessero pensato a quello che facevano, allorché mi misero al mondo. Diamine! Avrebbero dovuto considerare le conseguenze di certi loro atti!».

2. Anna Karenina (Lev Tolstoj)

«Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo».

3. I Malavoglia (Giovanni Verga)

«Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza; ce n’erano persino ad Ognina, e ad Aci Castello, tutti buona e brava gente di mare, proprio all’opposto di quel che sembrava dal nomignolo, come dev’essere. Veramente nel libro della parrocchia si chiamavano Toscano, ma questo non voleva dir nulla, poiché da che il mondo era mondo, all’Ognina, a Trezza e ad Aci Castello, li avevano sempre conosciuti per Malavoglia, di padre in figlio, che avevano sempre avuto delle barche sull’acqua, e delle tegole al sole».

4. I promessi sposi (Alessandro Manzoni)

«Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda ricomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascia l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni».

5. Il mito di Sisifo (Albert Camus)

«Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia».

6. Dalla parte di Swann (Marcel Proust)

«Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera. A volte, non appena spenta la candela, mi si chiudevan gli occhi così subito che neppure potevo dire a me stesso: “M’addormento”. E, una mezz’ora dopo, il pensiero che dovevo ormai cercar sonno mi ridestava; volevo posare il libro, sembrandomi averlo ancora fra le mani, e soffiare sul lume; dormendo avevo seguitato le mie riflessioni su quel che avevo appena letto, ma queste riflessioni avevan preso una forma un po’ speciale; mi sembrava d’essere io stesso l’argomento del libro: una chiesa, un quartetto, la rivalità tra Francesco primo e Carlo quinto».

7. Le avventure di Pinocchio (Carlo Collodi)

«Come andò che Maestro Ciliegia, falegname trovò un pezzo di legno che piangeva e rideva come un bambino.
– C’era una volta…
– Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.
– No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno
».

Chiara Evola e Claudio Mirabella

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